Monday, May 26, 2014

Il potere di una scatola vuota!


Ve l'ho raccontato a voce ma leggerlo aggiunge...

A villa Borghese è estate, c’è un sole splendente, non fa nemmeno troppo caldo. Turisti passeggiano intorno al laghetto, altri in barca fanno un giro inseguiti dalle anatre. Siamo un gruppo di una decina di persone, studenti americani con me che faccio da insegnante.
Umberto poggia in terra la sua scatola nera, desidera fotografare due suore che rilassate e sorridenti fanno uno spuntino sedute su una panchina.
Viene verso di me che sono a pochi metri di distanza,chiede la mia opinione sul tempo di posa, se 3 minuti possono bastare, sono in ombra. trattandosi di una fotografia realizzata con un foro stenopeico, un minuscolo buco in una scatola di cartone nero, ed essendo le due suore vestite si di bianco, ma in ombra, optiamo per quattro minuti di posa.
In ogni caso gli suggerisco di parlare con loro, di dirgli che in una posa di quattro minuti, solo le vesti bianchissime saranno riconoscibili e che i loro tratti saranno irriconoscibili. Mi dedico agli altri studenti e soggetti.
Un anziano in quel momento passa, (nemmeno ci avevo fatto caso) coglie un frammento di conversazione che interpreta come: “vai li e fai le foto che nemmeno se ne accorgono”. ***
Il giovane studente però non vuole disturbarle e quindi si posiziona a maggiore distanza. Poggia la sua scatola sul terreno e attende quattro minuti. Una coppia con bambina passa e nota la scatola, l’uomo immagina che sia una bomba.
Bene, fino a qui quasi tutto normale, ma le premesse non sono buone. Solo le due suore non si pongono alcun problema, scherzano, ridono e mangiano. Ovviamente hanno notato Umberto, la scatola e il gruppo di allegri e sorridenti ragazzi ognuno con la propria scatola.
E’ ora di andare, sto per prendere le mie cose, quando si scatena un putiferio. Il vecchio accusa il ragazzo di avere “rubato” delle immagini e aver “violato la privacy” delle due suore. Vuole che apra la scatola per vedere che tipo di riprese stava facendo e con quali strumenti. Arriva anche la coppia che oltre ad accusare il giovane e ora anche me, che sono sopraggiunto a difesa del mio studente, di riprese abusive. Chiede di vedere il contenuto della scatola. Gliela mostro, ma non la apro, e faccio notare a tutti che è solo una scatola vuota con un buco, che non c’è niente dentro se non un foglio di carta.
Volano parole grosse. Io avrei istigato il giovane a fare un atto illegale dicendo: “Vai a riprendere le suore e non dire nulla tanto non si vede niente” il vecchio avrebbe sentito chiaramente la mia frase e anche il più giovane ne è sicuro, sebbene sia arrivato successivamente. Quindi, l’immancabile “ora chiamiamo i carabinieri” con estrazione cellulare dalla tasca… “Devi aprire quella scatola” mi dicono, e io rispondo al vecchio che sembra il più aggressivo fino a quel momento con un poco temibile: “Mi dia del lei”, ma l’altro continua, io ho pensato che fosse una bomba e ci sono passato accanto pure con mia figlia. La donna russa, fino a quel momento silenziosa, madre della bimba, rincara la dose… “se fotografa mia figlia io gli sparo”.
Tutta questa discussione in un italiano assai malfermo. Il vecchio, romano, forte e robusto, di rara aggressività ripete ossessivamente due frasi, il giovane minaccia denunce traducendo in italiano da un dialetto non bene identificato, l’aggressiva donna, con forte accento russo, seduta accanto alla figlia su una panchina passa da sembra assente, che ci mette di suo ad istigare il marito.
Tutti, però, vogliono sapere una unica cosa: che c’è in quella scatola! Voglio vedere che tipo di tecnologia uso, che tipo di spia sono, sono certi che stessimo facendo un video.
Le suore, visto che la situazione non si placa, si allontanano ma io le richiamo, “sister, sister, please”… mi scuso se il ragazzo non ha chiesto un permesso ma loro non sono affatto dispiaciute di essere state riprese. Tutto ciò non basta, la tensione sale, e alla parola carabinieri e alla possibilità di dover spiegare che cosa contiene una scatola vuota, mi vengono i mente le famose barzellette… Potrebbe diventare esilarante ma anche grottesco e un’enorme perdita di tempo.
Taglio corto e punto la carta culturale. Chiedo alle suore se sanno cosa è una camera obscura, un foro stenopeico, una pinhole. Annuiscono, sapranno che molte madonne saranno state dipinte usando una tecnica simile…
Io, quindi, borghese, applico l’ignobile tecnica della “mortificazione per ignoranza”  spingendo sulla “soggezione culturale”.
E infatti i tre cominciano a placarsi e il più giovane balbetta frasi tipo: “però ci vuole educazione”.
Cosa mi ha insegnato questa storia?
1 C’è sempre qualcuno che ci ascolta… come i muri nel fascismo …
2 Che le suore amano essere fotografate.
3 Puntare sull’ignoranza, di questi tempi di integralismo è molto rischioso. Non erano affatto sottomessi. Parlavano di massimi princìpi. Non sono ancora talebani ma per dimostrare un’insensatezza in un giorno assolato in uno stupendo parco pubblico potranno anche linciare.
4 Cercare di farsi capire in italiano può essere difficoltoso anche con i madre lingua. Ma non ci avevano detto che la televisione aveva risolto il problema?
5 Che questo paese è in preda al panico e compie abusi affinché non siano commessi abusi e che la tutela dell’immagine e della privacy di due suore rilassate e di fatto consenzienti è prioritario, che una macchina fotografica o simili e un fotografo sono sempre un pericolo potenziale.
6 Che c’è sempre qualcuno che vuole chiamare i carabinieri.. coppie di suore e di carabinieri, tuniche bianche e divise nere,… sarebbe stato un bel soggetto per i ragazzi da riprendere.
7 Che la mia proverbiale gentilezza e disponibilità degrada rapidamente davanti alla stupidità.
8 Che gli studenti americani non sono affatto sprovveduti e hanno anche un gran senso dell’ironia … “Monco fosse stata Boston!!!!”
9 solo per arrivare a 10
10 Fate attenzione a girare con le scatole vuote, di questi tempi ognuno ci ficca i propri incubi peggiori…

***Ho pensato che quel qualcuno ci ascolta va precisato con "e sente quello che vuole, perché l'ascolto ha una volontà di ferro" (dice Lorenzo)




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