Ve l'ho raccontato a voce ma leggerlo aggiunge...
A villa Borghese è estate, c’è un sole splendente, non
fa nemmeno troppo caldo. Turisti passeggiano intorno al laghetto, altri in
barca fanno un giro inseguiti dalle anatre. Siamo un gruppo di una decina di
persone, studenti americani con me che faccio da insegnante.
Umberto poggia in terra la sua scatola nera, desidera fotografare
due suore che rilassate e sorridenti fanno uno spuntino sedute su una panchina.
Viene verso di me che sono a pochi metri di
distanza,chiede la mia opinione sul tempo di posa, se 3 minuti possono bastare,
sono in ombra. trattandosi di una fotografia realizzata con un foro stenopeico,
un minuscolo buco in una scatola di cartone nero, ed essendo le due suore
vestite si di bianco, ma in ombra, optiamo per quattro minuti di posa.
In ogni caso gli suggerisco di parlare con loro, di
dirgli che in una posa di quattro minuti, solo le vesti bianchissime saranno
riconoscibili e che i loro tratti saranno irriconoscibili. Mi dedico agli altri
studenti e soggetti.
Un anziano in quel momento passa, (nemmeno
ci avevo fatto caso) coglie un frammento di conversazione che interpreta come:
“vai li e fai le foto che nemmeno se ne accorgono”. ***
Il giovane studente però non vuole disturbarle e
quindi si posiziona a maggiore distanza. Poggia la sua scatola sul terreno e
attende quattro minuti. Una coppia con bambina passa e nota la scatola, l’uomo
immagina che sia una bomba.
Bene, fino a qui quasi tutto normale, ma le premesse
non sono buone. Solo le due suore non si pongono alcun problema, scherzano,
ridono e mangiano. Ovviamente hanno notato Umberto, la scatola e il gruppo di
allegri e sorridenti ragazzi ognuno con la propria scatola.
E’ ora di andare, sto per prendere le mie cose, quando
si scatena un putiferio. Il vecchio accusa il ragazzo di avere “rubato” delle
immagini e aver “violato la privacy” delle due suore. Vuole che apra la scatola
per vedere che tipo di riprese stava facendo e con quali strumenti. Arriva
anche la coppia che oltre ad accusare il giovane e ora anche me, che sono
sopraggiunto a difesa del mio studente, di riprese abusive. Chiede di vedere il
contenuto della scatola. Gliela mostro, ma non la apro, e faccio notare a tutti
che è solo una scatola vuota con un buco, che non c’è niente dentro se non un
foglio di carta.
Volano parole grosse. Io avrei istigato il giovane a
fare un atto illegale dicendo: “Vai a riprendere le suore e non dire nulla
tanto non si vede niente” il vecchio avrebbe sentito chiaramente la mia frase e
anche il più giovane ne è sicuro, sebbene sia arrivato successivamente. Quindi,
l’immancabile “ora chiamiamo i carabinieri” con estrazione cellulare dalla
tasca… “Devi aprire quella scatola” mi dicono, e io rispondo al vecchio che
sembra il più aggressivo fino a quel momento con un poco temibile: “Mi dia del
lei”, ma l’altro continua, io ho pensato che fosse una bomba e ci sono passato
accanto pure con mia figlia. La donna russa, fino a quel momento
silenziosa, madre della bimba, rincara la dose… “se fotografa mia figlia io gli
sparo”.
Tutta questa discussione in un italiano assai
malfermo. Il vecchio, romano, forte e robusto, di rara aggressività ripete ossessivamente
due frasi, il giovane minaccia denunce traducendo in italiano da un dialetto
non bene identificato, l’aggressiva donna, con forte accento russo, seduta
accanto alla figlia su una panchina passa da sembra assente, che ci mette di
suo ad istigare il marito.
Tutti, però, vogliono sapere una unica cosa: che c’è
in quella scatola! Voglio vedere che tipo di tecnologia uso, che tipo di spia
sono, sono certi che stessimo facendo un video.
Le suore, visto che la situazione non si placa, si
allontanano ma io le richiamo, “sister, sister, please”… mi scuso se il ragazzo
non ha chiesto un permesso ma loro non sono affatto dispiaciute di essere state
riprese. Tutto ciò non basta, la tensione sale, e alla parola carabinieri e
alla possibilità di dover spiegare che cosa contiene una scatola vuota, mi
vengono i mente le famose barzellette… Potrebbe diventare esilarante ma anche
grottesco e un’enorme perdita di tempo.
Taglio corto e punto la carta culturale. Chiedo alle
suore se sanno cosa è una camera obscura, un foro stenopeico, una pinhole.
Annuiscono, sapranno che molte madonne saranno state dipinte usando una tecnica
simile…
Io, quindi, borghese, applico l’ignobile tecnica della
“mortificazione per ignoranza” spingendo sulla “soggezione culturale”.
E infatti i tre cominciano a placarsi e il più giovane
balbetta frasi tipo: “però ci vuole educazione”.
Cosa mi ha insegnato questa storia?
1 C’è sempre qualcuno che ci ascolta… come i muri nel
fascismo …
2 Che le suore amano essere fotografate.
3 Puntare sull’ignoranza, di questi tempi di
integralismo è molto rischioso. Non erano affatto sottomessi. Parlavano di
massimi princìpi. Non sono ancora talebani ma per dimostrare un’insensatezza in
un giorno assolato in uno stupendo parco pubblico potranno anche linciare.
4 Cercare di farsi capire in italiano può essere
difficoltoso anche con i madre lingua. Ma non ci avevano detto che la
televisione aveva risolto il problema?
5 Che questo paese è in preda al panico e compie abusi
affinché non siano commessi abusi e che la tutela dell’immagine e della privacy
di due suore rilassate e di fatto consenzienti è prioritario, che una macchina
fotografica o simili e un fotografo sono sempre un pericolo potenziale.
6 Che c’è sempre qualcuno che vuole chiamare i
carabinieri.. coppie di suore e di carabinieri, tuniche bianche e divise nere,…
sarebbe stato un bel soggetto per i ragazzi da riprendere.
7 Che la mia proverbiale gentilezza e disponibilità
degrada rapidamente davanti alla stupidità.
8 Che gli studenti americani non sono affatto
sprovveduti e hanno anche un gran senso dell’ironia … “Monco fosse stata
Boston!!!!”
9 solo per arrivare a 10
10 Fate attenzione a girare con le scatole vuote, di
questi tempi ognuno ci ficca i propri incubi peggiori…
***Ho pensato che quel qualcuno ci ascolta
va precisato con "e sente quello che vuole, perché l'ascolto ha una
volontà di ferro" (dice Lorenzo)
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